Nel nome del Trademark
Quand’ è agli inizi, quand’ è in potenza, produce quella stupenda cecità, ricolma il cuore di aspettative, fa sentire che tutto è possibile.
La voglia non conosce ragione; e non importa se amici, parenti, se le persone che vogliono il nostro bene ci mettono in guardia “attenta”,” ma sei sicura?”,” mi pare un rischio, perché così in fretta?”… no…l’oggetto del desiderio diventa la nostra unica verità.
E dimentichiamo di esserci già passati, di averci già creduto, la delusione vissuta dopo, il senso di sconfitta.
Eppure ogni volta infonde una speranza insensata, l’entusiasmo testardo e bambinesco che ci fa dire“questa volta sarà diverso”; e la prima a cui lo diciamo è lei, la migliore amica, quella che non giudica mai e che si limita a chiederci sorridendo complice “Come si chiama questa volta?”
“Questa volta? …Questa volta faccio la Dukan…”
Mi spetterebbe a questo punto il ruolo del grillo parlante. Dovrei dirvi che sono tutte uguali, ma non lo sono, bisogna riconoscerlo. Capiamo come si differenziano quelle più in voga:
• Diete chetogeniche: Dukan, Axodiet, Atkins, etc. Sono quelle in cui si introducono pochissimi carboidrati con l’alimentazione constringendo il corpo ad attingerli dalle proprie scorte (glicogeno muscolare ed epatico); iniziamo quindi col perdere carboidrati di deposito e l’acqua che ad essi si lega.
Finite le scorte di carboidrati, per procurarsi energia, il corpo utilizza le proteine muscolari da cui riesce a ricavare quel carboidrato tanto utile al cervello che è il glucosio. Solo che mangiarsi la massa muscolare non è tanto bello, quindi, per risparmiarla, passa a consumare i grassi per produrre i corpi chetonici, sostanze che il cervello si adatta a consumare in assenza di glucosio.
Il vantaggio di questo tipo di dieta è che il peso si perde da subito – anche se si tratta di zuccheri, acqua e muscolo in prima battuta– e in fretta, perché, anche quando subentra il consumo di grasso, rimane consistente la perdita di liquidi ché, quando la dieta è caratterizzata da un’elevata quota proteica, i reni devono filtrare di più per eliminare le tossine che derivano dal loro metabolismo.
E’ la preferita di chi deve creare un commercio sulla pelle delle persone perché è la più efficace nella perdita di peso.
E devo dire che sta diventando, tristemente, anche la mia preferita, dacché sono sempre di più i pazienti che arrivano con la coda tra le gambe dopo aver riacquistato tutto il peso perso con la chetogenica, generalmente per due motivi: questa dieta non costituisce un modello alimentare plausibile da seguire nel tempo e quindi è la cosa più ovvia è che si torni alle abitudini pre-dieta; poi, durante la fase di reintroduzione degli alimenti vietati durante la dieta, si può sviluppare un desiderio eccessivo di cibo (craving), cui possono seguire perdite di controllo frequenti fino ad arrivare, in alcuni casi, a veri e propri disturbi dell’alimentazione.
• Diete con alimenti a contenuto calorico e nutrizionale controllato: Naturhouse, Tisanoreica, Herbalife. L’alimentazione è costituita per lo più da una somma di cibi preconfezionati.
Nessun mistero quindi: caratterizzate da molte poche calorie, e nutrienti calibrati, queste diete bypassano quello che è il problema principale delle diete ipocaloriche: la precisione nell’adesione. Se io non rispetto l’introito calorico in una dieta ipocalorica decade il principio della dieta stessa e non riuscirò mai a creare quel deficit calorico necessario a farmi attingere energia dal tessuto adiposo di riserva.
Con la busta del giorno diventa tutto molto più semplice, non serve che io rifletta su cosa mangiare e controlli le porzioni: ci pensa lei.
Il vantaggio è la facilità di esecuzione e quindi la garanzia di un risultato; lo svantaggio è il costo, spesso molto elevato, e ancora una volta la mancanza di un modello chiaro da seguire nel tempo, a meno a che non siate appassionati di cibi confezionati e costosi e vogliate farne uno stile di vita.
• Diete con formula: Penta, Gift. Sono normali diete ipocaloriche, valide dal punto di vista nutrizionale, basate su principi arcinoti, ma travestite da qualcosa di innovativo e dotate di slogan.
L’utilità della formula, a volerla trovare al di là della necessità di marketing – bontà mia – è quella di essere più facilmente appresa e attuata dal paziente; il limite molto forte è che nell’enfasi necessaria della formula e dello slogan, il paziente tende a rimanere intrappolato entro una serie di dogmi che non capisce fino in fondo, perché non sono sufficientemente tradotti in pratica, e da cui alla lunga potrebbe voler evadere.
• Diete di fantasia ( o di follia): della luna, degli omogeneizzati, del sondino, del minestrone, delle uova, dello yogurt, dell’uva.
Semplicemente non insegnano a mangiare, ma a non mangiare. E vanno dal ridicolo al pericoloso.
Diete diverse quindi, ma accomunate dalla presenza di un marchio identificativo.
Quando siamo di fronte a un trademark, a un marchio registrato, abbiamo una sola certezza: siamo di fronte a un prodotto commerciale (uguale per tutti tra l’altro: come facciamo ad essere sicuri che faccia proprio al caso nostro?)
Ci facciamo vendere un risultato: paghiamo e dimagriamo. E ci facciamo anche vendere un’illusione, un’immagine diversa di noi finalmente magri, con tutte le emozioni positive che vi si associano, come se si potesse davvero comprare.
Chi mette a punto queste pozioni magiche lo sa, gioca su questo, ma un po’ ci frega perché nel prezzo non è compreso il mantenimento di quel risultato dato che al termine del percorso non siamo diventati autonomi, “terapeuti di noi stessi”.
Non abbiamo imparato a fare scelte alimentari corrette, abbiamo le idee confuse su cosa voglia dire mangiare bene, sentiamo tirare da tutte le parti indicazioni troppo generali e poco personalizzate.
Ci ritroviamo con una voglia di mangiare difficile da arginare o da indirizzare.
La motivazione che si nutriva solo della bilancia che segnava chili in meno ora latita. E ora che non ho più peso da perdere?
Come mi comporto? Come mangio? Tengo la linea della rigidità? Posso finalmente lasciarmi andare?
Non abbiamo in mano lo strumento per mantenere il peso raggiunto.
Arriva presto o tardi il momento in cui l’ educazione alimentare è l’unica risposta possibile.
Sta a noi decidere se al termine di una dieta commerciale, in una condizione sfavorevole di stanchezza, probabilmente con la testa piena di nozioni fuorvianti e con una motivazione scarsa, oppure fin dal principio, in modo che la perdita di peso non sia il fine ultimo del percorso, ma l’inevitabile conseguenza di abitudini che cambiano; e che la motivazione sia rinvigorita da ogni beneficio di questi cambiamenti (maggiore energia, miglioramento delle funzionalità intestinale, miglioramento dei valori del sangue, miglioramento della qualità del sonno, miglioramento dell’umore, dell’aspetto della pelle, etc) e non solo dal peso che scende.
Io intanto, come ogni saggio che si rispetti, mi siedo sulla sponda del fiume e attendo i cadaveri delle diete commerciali passare.