Kill Milk

L’individuazione di un capro espiatorio in ogni ambito ha due finalità certe: evidenziare una soluzione facile a tutti i problemi e poter al contempo mantenere stabile, e il più possibile immutata, la condizione iniziale.

Fa fare meno fatica insomma.

 

In tema di nutrizione il latte è uno dei capri espiatori più additati degli ultimi anni.

In particolare la convinzione è che causi colite, dermatite, acne, tumori, ipercolesterolemia, infiammazione, e alla costruzione di questa pessima fama hanno contribuito fior fior di medici, bravissimi nella loro specialità, che evidentemente però non è la scienza dell’alimentazione. La scienza per essere tale ha bisogno di dati, e questi dati devono essere ottenuti con metodo da studi scientifici, non evinti da suggestioni.

 

Il latte è un alimento ricco dal punto di vista nutrizionale: apporta proteine ad alto valore biologico efficaci nella sintesi delle proteine muscolari e nel trasporto e assorbimento del ferro per esempio, e carboidrati con funzione probiotica, ovvero di rinforzo della flora batterica intestinale; poi è un’ottima fonte di calcio, fosforo, e iodio, e, in misura minore, di selenio, potassio e magnesio. La disponibilità di vitamina D e di vitamina A invece, in quanto vitamine liposolubili, assorbibili cioè solo in presenza di grassi, è proporzionale alla frazione grassa, che varia a seconda che il latte sia intero, parzialmente scremato o scremato.

 

Se decido di eliminare questo alimento e i suoi derivati dall’alimentazione, dunque, dovrei avere un buon motivo. Tuttavia, se prendo come riferimento i famosi dati scientifici emersi dagli studi più corposi, recenti e rispettosi del principio popperiano secondo cui una teoria è vera finché non viene dimostrato qualcosa di diverso, scopriremo che molte delle infamie che macchiano la reputazione del latte non risultano vere.

 

Una moderata assunzione quotidiana di latte, infatti, pare associarsi a una minor mortalità, anche per tumore; inoltre il latte e i suoi derivati sono dei probabili fattori protettivi per il tumore al colon-retto.

 

Ma come, il latte non faceva male all’intestino? Parrebbe proprio di no, però è vero che esistono le intolleranze al latte. Anche in questo caso però, la raccomandazione della comunità scientifica, non è l’eliminazione (se non periodica e limitata nel tempo), ma l’individuazione della minima dose offendente o della massima dose tollerata. Il vantaggio di questo approccio è che l’intestino non accresce la sua sensibilità al latte e impara a tollerarlo di più.

 

Interessanti, infine, sono alcuni studi condotti sui bambini e ragazzi in età scolare, da cui emerge che l’assunzione quotidiana di latte e latticini ricopre un ruolo fondamentale nell’apporto di iodio alla dieta e nella prevenzione di una moderata carenza di questo minerale. Uno dei quesiti generati da questi risultati è se alcune disfunzioni tiroidee, che si presentano sempre con maggior frequenza nella popolazione, possano dipendere anche dalla riduzione del consumo di latte da parte dei giovanissimi, soprattutto di sesso femminile.

 

Se nonostante tutto quanto detto sopra rimango ancora convinto di voler eliminare il latte dalla mia vita come una novella Kiddo, è meglio che mi rivolga a un professionista della nutrizione per supplire adeguatamente al mancato apporto dei numerosi nutrienti che lo costituiscono.