Pesame Mucho
Lasciamo che si esprima. È la risposta che DeLillo mette in bocca al dottor Ingram di fronte alla fretta del suo paziente Eric Packer di togliere un neo sospetto appena individuato.
Da una parte la spinta ad intervenire subito sul problema, eliminandolo alla radice. Dall’altra la calma di chi sa che è più fruttuoso osservare, raccogliere elementi, e, solo dopo, agire.
“Lasciamo che si esprima” vuol dire lasciare che la natura faccia il suo corso, e studiarlo, conoscerlo, interpretarlo. Sapere che intervenire non è sempre necessario, a volte il corpo se la cava da solo. Capire se siamo di fronte a un problema o meno. Essere coscienti che quando si va ad interferire con la natura si possono causare scompensi, quindi è il caso di farlo solo se necessario. Accettare di non avere il controllo totale. Non lasciarsi sopraffare dalla paura che accada il peggio quando a ben vedere ci sono tutti gli strumenti per intervenire.
“Lasciamo che si esprima”. Questa frase mi è tornata in mente parlando a una paziente del suo peso, un peso senza pace.
Un peso che quando andava giù non andava mai abbastanza giù e veniva forzato a suon di restrizioni alimentari, e che quando è tornato su, perché la restrizione non è mai un comportamento duraturo, ha creato confusione e voglia di tornare a restringere. L’alimentazione in questo caso è stata piegata al servizio della volontà di dimagrire e dell’obiettivo finale: devo perdere peso, devo mangiare poco. E’ così che si fa, no?
No.
Perché così facendo non riesco ad individuare il tipo di alimentazione che per me sia sostenibile con una certa, elastica, costanza nel tempo, giacché la costruisco solo in base al parametro del dimagrimento.
Di conseguenza non riuscirò nemmeno ad individuare il mio peso naturale, ovvero il peso che non faccio fatica a mantenere, e non per una stagione o due, ma per sempre, perché frutto di un equilibrio e non di una costrizione, di uno sforzo.
Ogni tanto mi sfiora il pensiero di accettare il mio peso naturale e dire “Va bene, basta, sono fatto così!”, ma poi sopraggiungono i dubbi “E’ proprio questo il peso? Non sarà che mi sto rassegnando? Ho fatto tutto il possibile?” Ed eccomi di nuovo a intervenire per modularlo, con periodi di diete rigorose e di attività fisica intensa.
Come oggettivare la questione?
Nel modo più semplice: ogni qual volta intraprendo un comportamento per modificare il peso, dovrei chiedermi: posso mantenerlo nel tempo? Tutti i giorni, in tutti i periodi dell’anno? Interferisce con al mia qualità di vita o con i miei impegni prioritari? Quale importanza voglio dare alla gestione del peso nella mia giornata, nella mia vita? Sono cosciente di quanto sia fallace il pensiero “Intanto dimagrisco ed elimino il problema, quanto al resto, si vedrà”?
Chi non è nuovo a tentativi di perdita di peso ben conosce quanto la rilevazione di questa misura possa condizionare il comportamento alimentare in modo disfunzionale, e quando salire sulla bilancia crea emozioni negative come ansia o malumore, si evita di farlo, restando in balia di percezioni che non rappresentano certo un riferimento oggettivo.
Ma cos’è che rende questa misurazione così inquietante?
Il fatto che l’andamento del peso diventa un mistero ogni qual volta sfugge al controllo, la sensazione di trovarsi di fronte a un’emergenza che non si è in grado di gestire
Eppure è normale che sfugga al mio controllo. Il peso non dipende solo da fattori controllabili, ma anche da altri che lo sono ben poco, o non lo sono affatto. Ne cito alcuni.
Fattori modificabili:
- Abitudini alimentari scorrette: assenza di verdura ad ogni pasto principale, eccessi alimentari periodici e troppo frequenti, assenza di un’adeguata idratazione, quantità di carboidrati giornaliera, potrei andare avanti ore, fermatemi.
- Comportamenti alimentari scorretti: mancata consapevolezza del cibo che si introduce, restrizioni alternate a perdite di controllo, saltare i pasti, potrei andare avanti minuti, ma mi fermo.
- Mancanza di attività fisica: non solo chi è sedentario consuma meno, ma tende anche a drenare i liquidi meno efficacemente. I movimenti rapidi del peso sono sempre dati dai liquidi.
- Eccesso di attività fisica: i muscoli si congestionano e attraggono più glicogeno e acqua del normale.
Fattori che non è detto che siano modificabili:
- Tante diete fatte in passato, con altrettanti movimenti di peso: in genere, a ogni nuova dieta, l’adattamento metabolico (ovvero l’adattamento del consumo al basso introito calorico della dieta con conseguente blocco della perdita di peso) avviene sempre prima.
- Tendenza a consumare zuccheri e non grassi per procurarsi energia: si può provare a correggere questa tendenza praticando con costanza uno sport aerobico, ma non è detto che ci si riesca.
- Abitudini di vita (quasi) necessarie: ore dedicate al lavoro, ore dedicate alla famiglia, ore dedicate alla socialità.
Fattori temporanei:
- Funzionalità intestinale: stipsi ostinata, fermentazione intestinale eccessiva e scariche condizionano ovviamente il peso a breve termine.
- Vomito e diarrea: possono far perdere liquidi, ma anche farne riprendere con gli interessi in poco tempo.
- Ormoni : parliamo sì di quelli femminili che orchestrano il ciclo mestruale, dell’assetto ormonale in menopausa, ma anche, per esempio, della tendenza a secernere cortisolo o catecolamine in caso di stress (il primo ostacola la perdita di peso, le altre la favoriscono).
- Assunzione di farmaci che causano ritenzione di liquidi (indirettamente anche quelli che interferiscono con il senso di fame e sazietà o con il metabolismo).
Fattori non modificabili sono:
- Numero di cellule adipose e assetto ormonale di regolazione del tessuto adiposo: in poche parole il team atto a farmi tornare sempre al peso che madre natura (e mia madre con la sua condotta in gravidanza) ha stabilito per me. Nel mio corpo infatti sono stabiliti geneticamente dei punti di equilibrio e dei meccanismi omeostatici che fanno di tutto per riportarmi lì. E se è pur vero che l’ambiente e le mie abitudini possono dialogare con i miei geni per “modificarli” un po’, è anche vero che questo non avviene nel giro di sei mesi, ma nel giro di anni e anni.
Quando decido di cambiare il mio peso contro cosa sto lottando? Contro delle cattive abitudini? Contro un equilibrio consolidato dalle contingenze? Contro la natura?
La presenza di fattori che temporaneamente possono modificare il nostro peso impone di accettare una certa oscillazione, e magari di imparare a interpretarla.
Quella di fattori non sicuramente modificabili implica una scelta consapevole a priori: probabilmente la mia perdita di peso sarà ostacolata o investirò energie in cambiamenti che non è detto che portino ai risultati sperati.
Il postulato di una componente genetica che non potrò cambiare se non di poco, e a suon di abitudini da perpetrare negli anni, mi costringe a una scelta dell’obiettivo di peso ragionata e ragionevole, e non solo emotiva, ma soprattutto a una scelta di abitudini che possa fare mie a lunghissimo termine.
Mentre sui fattori modificabili, nel momento in cui l’obiettivo è perdere peso, dovrebbe concentrarsi la più totale attenzione.
E non è sempre così.
Perché accade che la visione a tunnel, che pone come unico traguardo infondo il peso da raggiungere, crei una sorta di cecità rispetto al resto, anche se il resto è proprio la dieta che ci dovrebbe far ottenere quello che vogliamo.
E’ spesso riscontrabile una sorta di “dissociazione” tra condotta alimentare, o più in generale stile di vita, e volontà di dimagrire.
Man mano che passano le settimane dall’inizio della dieta, il piano alimentare di riferimento appare sempre più sfocato, e l’alimentazione torna a tendere alle abitudini di prima, con una frequenza crescente. Chi prima della dieta tendeva a restringere l’introito alimentare per poi lasciarsi andare ogni tanto a perdite di controllo, riprende a farlo; chi non mangiava la verdura, smette di prepararsela; chi saltava i pasti, dirà che non ha avuto tempo e che è un periodo di stra-lavoro; chi non faceva sport pian piano si riapproprierà della propria seduta; chi esagerava con i dolci, li tornerà a sparpagliare come petali di rose su una base di dieta perfetta.
La precisione con cui attuo la dieta cambia, ma resta la convinzione di farla (rafforzata dell’impressione che qualche imprecisione ci fosse anche quando il peso scendeva). Quindi rimane pure l’aspettativa di un risultato che a queste condizioni fatica ad arrivare, e scatta la frustrazione, la delusione, o al contrario la voglia di insistere di più e con più rigore per riprendersi il risultato, riposizionandosi ancora una volta in quel senso di precarietà ed emergenza, senza riuscire a vedere che quello che in realtà è mancato è una reale consapevolezza della condotta iniziale e di quali aspetti andassero corretti.
Questo può voler dire che il peso – quando è andato giù e io mi sentivo bene, efficace, “in controllo” – in realtà si è mosso in maniera inconsulta o fortuita: le condizioni di vita o l’entusiasmo iniziale mi hanno portato a mangiare nettamente meno o a muovermi decisamente di più, ma non ho cambiato coscientemente e in modo convinto le abitudini. Passaggio necessario.
E invece bisogna essere consapevoli che lo strumento di perdita di peso è lo stesso che devo usare per mantenere il risultato raggiunto, e che ogni dimagrimento ottenuto in modo fortuito non lascia nessuna istruzione certa sul come mantenere il peso. Quindi bisogna innanzitutto conoscerlo bene questo strumento – che è l’alimentazione che decido di avere – e poi attuarlo bene, in ogni sua parte; e verificarne la fattibilità, la sostenibilità, e metterlo in crisi come un novello Popper delle diete. E ricominciare daccapo.
Quando voglio dimagrire devo cominciare da quello che mangio, non dal peso. La sua discesa sarà, com’è naturale che sia, una conseguenza.
E quando l’ alimentazione sarà in equilibrio con la mia natura, con uno stile di vita sano e sostenibile, allora potrò lasciare che il peso si esprima. Sospendendo il giudizio, ché la bilancia no che non è un giudice: è uno strumento, e non fornisce altro che una misurazione.
E osservando l’andamento del peso, rilevato una volta alla settimana in condizioni standard, per un mese almeno, posso imparare a conoscerlo con le sue naturali oscillazioni, e capire ancor di più dove è opportuno e possibile lavorare al cambiamento.
Un po’ filosofico eh questo articolo, non è da me. So cosa state pensando, che dalla filosofata a fare la guru il passo è breve. State tranquilli, non ho intenzione di sgureggiare, ma se capitasse, lo dichiaro prima.
foto: Nacho Libre, che non ha piegato il suo peso di fronte alle leggi del wrestling.